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al Codice di Diritto Canonico

 

a cura della Redazione di Quaderni di Diritto Ecclesiale

       

            

             

       

              

             

      Nell’introdurre i lavori dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana il 20 maggio 2019, il presidente Cardinale Gualtiero Bassetti ebbe a dire:

«avverto una crescente preoccupazione per la situazione che si è venuta a creare con la riforma del Terzo Settore. Al fondo restano ancora antichi pregiudizi per le attività sociali svolte dal mondo cattolico; pregiudizi che non consentono di avere ancora una normativa adeguata a rispondere alle esigenze di centinaia di migliaia di persone, dedite al prossimo e alle persone bisognose. Si tratta di un mondo di valori e progetti realizzati, di assistenza sociale, di servizi socio sanitari, di spazi educativi e formativi, di volontariato e impegno civile. In una società libera e plurale questo spazio dovrebbe essere favorito e agevolato in ogni modo»[1].

       Nell’ultimo decennio, si è attivato un processo di riforma organica del Terzo settore[2] - non è ancora giunto a termine - che ha unificato la normativa e riorganizzato, rafforzato e reso più trasparenti le attività di molteplici istituzioni, che esistono da secoli (in molti casi sono stati promossi dalla Chiesa) e che nel tempo hanno dimostrato di riuscire a intercettare i bisogni della società civile soprattutto a livello locale.
       Nella legge delega 106 del 2016, che ha dato mandato al Governo di emanare decreti legislativi attuativi, il Terzo settore viene definito come

       «il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi» (art. 1,1).

       Il Terzo settore si affianca da una parte al mercato e dall’altra alle istituzioni pubbliche, ne condivide elementi fondamentali e interagisce con entrambi: come il mercato, anche il Terzo settore è composto da enti privati e come le istituzioni pubbliche svolge delle attività per il benessere della comunità.
       Senza addentrarsi nella complessa e variegata disciplina civile, approfondita da seri e documentati studi e attuata da competenti professionisti, la nostra Rivista intende affrontare in questo fascicolo la tematica del Terzo settore in una prospettiva tipicamente canonistica, soprattutto in riferimento all’ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
       La materia ha una sua, attualità, anche perché con l’approvazione da parte dell’Unione europea dei decreti attuativi, riguardanti la disciplina fiscale degli enti del Terzo settore, i “rami” ONLUS degli enti canonici civilmente riconosciuti dovranno decidere quale nuova configurazione assumere nel mondo del Terzo settore oppure estinguersi.
       Già nel numero 3 di QDE dello scorso anno, Angelo Ciarafoni ha anticipato la problematica sottolineandone gli aspetti generali’[3].
       Apre il fascicolo un primo contributo di Rivella, che, evidenziando come la riforma sugli enti di Terzo settore sia più elastica e offra maggiori opportunità della normativa sulle ONLUS, si interroga se la natura dell’ente ecclesiastico - di cui si ribadisce la bontà sostanziale del modello giuridico - ne permetta il coinvolgimento, senza però perdere le peculiarità proprie, perché è compito della Chiesa aggiornare le modalità di funzionamento dei propri enti, coinvolgendo i laici e adottando strumenti gestionali e contabili adeguati ai tempi. L’articolo lamenta la non conoscenza del diritto canonico ed ecclesiastico da parte dei funzionari pubblici e della società civile e puntualizza in conclusione che l’azione sociale della Chiesa non deve costituire un alibi per lo Stato pervenir meno alle funzioni che gli competono.
       Nel secondo articolo Trevisan offre alcune attenzioni pratiche nel valutare se sia conveniente che l’ente ecclesiastico entri nella riforma del Terzo settore. Poiché la missione della Chiesa ha come fine principale anche la carità (cf can. 1254), la comunità cristiana ha il dovere di prestare attenzione alle nuove modalità e opportunità che offre la normativa civile. La natura della diocesi e della parrocchia, come “comunità di fedeli”, ha delle conseguenze in ordine alla titolarità dell’attività che viene svolta. Per la parrocchia, sembra che sia da preferire la costituzione del ramo, ma in alcuni casi la scelta migliore potrebbe essere l’istituzione di un ente civile autonomo. L’articolo si conclude presentando un’esperienza concreta di associazione di Terzo settore, costituita da quattro parrocchie per gestire le loro scuole dell’infanzia.
       Il terzo articolo di Azzimonti è incentrato sulla configurazione del ramo a partire dalle prime indicazioni operative offerte dalla Conferenza episcopale italiana in tema di enti ecclesiastici e riforma del Terzo settore. In particolare analizza la proposta di regolamento che lo disciplina, il patrimonio destinato, i poteri di gestione e rappresentanza relativi al ramo. L’intento dell’articolo è quello di offrire agli amministratori dell’ente ecclesiastico alcuni gli elementi di natura canonica per, discernere le scelte da operare.
       Infine nel quarto contributo Redaelli affronta la questione se e a quali condizioni si possa parlare di agire ecclesiale anche quando i soggetti che pongono in essere azioni tipiche della Chiesa non fanno parte dell’ordinamento canonico e per questo sono definibili come soggetti “non canonici”. Si approfondiscono i criteri che portano a definire un’azione come ecclesiale e come ci possano essere soggetti che agiscono in riferimento alle finalità della Chiesa, avendo con essa un legame reale, con diverse gradazioni. L’articolo inoltre presenta lo strumento della “consulta” e l’importanza della tutela del “buon nome” della Chiesa, che va assicurato anche quando soggetti “non canonici” agiscono in qualche modo a suo nome.
       Nella seconda parte della Rivista viene pubblicata la relazione tenuta da Montini al Corso dedicato alla tutela penale nella Chiesa, a cura della redazione della Rivista, tenutosi ad agosto 2022, riguardante lo svolgimento del processo giudiziale penale, con particolare attenzione ai suoi diversi momenti; il libello, l’istruttoria (le prove, le dichiarazioni dell’accusato) e la pubblicazione degli atti. Chiude il fascicolo la pubblicazione di alcune brevi risposte fornite per il servizio QDEonline, concernenti il difensore del vincolo e il processus brevior.

[1] Il testo è reperibile in www.chiesacattolica.it/documenti-segreteria/introduzione-del-card-gualtiero-bassetti-alla-73a-assemblea-generale-20-23-maggio-2019.

[2] Il termine Primo settore indica la Repubblica Italiana (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato) e la Pubblica Amministrazione; il termine Secondo settore indica le imprese che operano sul mercato, con lo scopo di trarre un profitto economico.

[3] A. Ciarafoni, Gli enti ecclesiastici operanti nel Terzo settore: nuovi adempimenti legali e preservazione della loro natura confessionale, in QDE 37 (2024) 324-352.

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